Potabilità dell’acqua

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Con il termine di «acque destinate al consumo umano» si intendono le acque trattate o non trattate, di uso potabile, a prescindere dalla loro origine, fornite tramite una rete di distribuzione oppure mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori.

La definizione comprende anche le acque utilizzate nelle imprese alimentari per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, escludendo quelle acque la cui qualità non ha conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale.

Sono, invece, escluse le acque minerali naturali in quanto soggette ad una specifica normativa.

I criteri per garantire la sicurezza delle acque destinate al consumo umano, e i conseguenti parametri minimi di qualità, sono frutto dell’evoluzione di conoscenze multidisciplinari e si basano sugli  orientamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. 

In Italia il principale riferimento normativo è il Decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, che dà attuazione alla Direttiva 98/83/CE, con la finalità di proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque, garantendone la salubrità.

L’acqua deve essere conforme ad una serie di parametri microbiologici (Decreto legislativo 31/2001, parte A) e chimici (parte B), nonché parametri indicatori (parte C) non direttamente correlabili a rischi per la salute, ma indicatori di modifiche della qualità delle acque (Allegato I).

Per quanto riguarda il controllo di fattori di rischio chimico non inclusi in allegato I, non oggetto di ordinario controllo, il decreto 31/2001 stabilisce che le acque destinate al consumo umano non devono contenere microrganismi e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana.

L’attuazione, perciò, di tutte le disposizioni descritte nella norma ed il rispetto dei valori di parametro dell’allegato I, nel punto in cui le acque sono messe a disposizione del consumatore, determinano la valutazione di “idoneità” dell’acqua al consumo umano.

Va segnalato anche il DM 14 giugno 2017 emanato dal Ministero della Salute e legato al recepimento della direttiva (UE) 2015/1787 relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano. Si tratta di un sostanziale cambiamento nell’approccio di tutela della salute umana in tema di acque potabili, poiché segna il passaggio da un semplice regime di monitoraggio basato sul controllo retrospettivo di un numero limitato di parametri a una vera e propria valutazione preventiva del rischio. Tale rischio sarà inoltre calcolato per ogni singola realtà territoriale, tenendo conto delle sue peculiari caratteristiche e delle sue problematiche specifiche. In questo modo, sarà possibile conoscere meglio le diverse filiere idropotabili e prevenire eventuali episodi di contaminazione piuttosto che intervenire, a posteriori, su problematiche di inquinamento delle acque.

Togliamo qualche dubbio!

  • 1. Quando si definisce potabile l’acqua?
    • Un’acqua è definita potabile quando non contiene microrganismi e parassiti né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana. Inoltre, l’acqua deve possedere caratteristiche organolettiche accettabili per il consumatore, tra cui limpidezza, trasparenza, assenza di colore e odori anomali.
  • 2. Fino a quale punto della rete idrica è garantita la conformità dell’acqua ai requisiti di legge?
    • La conformità delle acque ai requisiti previsti dalla normativa deve essere assicurata nel punto in cui le acque sono disponibili per il consumo, come il rubinetto dell’utenza domestica da cui le acque fuoriescono. Le acque utilizzate dalle imprese alimentari devono garantire la conformità ai parametri legislativi nella fase in cui esse sono fornite all’industria. In quest’ultimo caso è il titolare dell’impresa il responsabile della qualità dell’acqua impiegata nelle diverse fasi del ciclo di produzione alimentare.
  • 3. Quali sono i fattori di rischio che possono essere presenti nell’acqua?
    • I fattori di rischio potenzialmente presenti nelle acque utilizzate dall’uomo, in termini normativi definiti “parametri” si possono differenziare in base alla loro natura, origine e impatto sulla salute. A differenza dei parametri microbiologici, causa di patologie infettive a carattere epidemico insorgenti in un breve lasso di tempo dopo l’esposizione, i contaminanti chimici nelle acque rappresentano generalmente un rischio sanitario di medio-lungo termine in quanto gli effetti tossici e le patologie associate, salvo rare eccezioni, insorgono anche a distanza di anni dall’esposizione. La protezione della salute dai rischi derivanti da utilizzo di acque non conformi al consumo umano è affidata in primo luogo al rispetto di valori guida.
  • 4. Quali sostanze chimiche possono contaminare le acque? 
    • In molti paesi ancora oggi numerosi contaminanti chimici possono ritrovarsi nelle acque al rubinetto di utenza perché presenti naturalmente nelle acque di origine, non adeguatamente trattate prima della loro distribuzione ed utilizzo. È il caso dell’arsenico, di natura geologica in acque sotterranee, responsabile di intossicazioni acute a livello gastrointestinale e, in seguito ad esposizioni di lungo termine ad elevate concentrazioni, di patologie tumorali a carico della pelle e di diversi organi. Tra i contaminanti di origine geologica nelle acque, importante rilevanza sanitaria assume anche il fluoro, elemento, che in moderate concentrazioni svolge un ruolo protettivo nei denti dei bambini. L’esposizione ad elevate concentrazioni di fluoro, riportata in vaste aree geografiche dei diversi continenti può determinare l’insorgenza di patologie di medio-lungo termine quali fluorosi dentali ed ossee che possono assumere carattere più o meno epidemico. Intossicazioni di tipo acuto possono correlarsi anche a contaminazione da sostanze rilasciate da improprie pratiche agricole in acque superficiali e falde, nelle quali possono persistere per decenni. I nitrati, a elevate concentrazioni, sono causa di metaemoglobinemia e conseguente cianosi nei bambini. L’incidenza di questi fenomeni è assai rilevante e causa di seri problemi sanitari soprattutto in molti paesi in via di sviluppo che ancora non adottano efficaci misure di prevenzione.
  • 5. Quali sono i microrganismi patogeni che possono essere presenti nelle acque? 
    • Più di cento tipi di microrganismi patogeni (batteri, virus, parassiti e miceti) possono essere presenti in acque contaminate; il rischio più facilmente associabile all’uso e al consumo di acqua viene primariamente e tradizionalmente correlato alla contaminazione da parte di microrganismi patogeni di origine enterica che causano malattie a carattere gastroenterico, evidenti per la natura stessa dei sintomi e per il livello elevato di diffusione (50% degli esposti). L’evoluzione dei sistemi di produzione e delle strategie di controllo della qualità delle acque hanno di fatto condotto a un drastico declino delle patologie legate alla diffusione dei più tradizionali patogeni enterici (Salmonella, Shigella, Vibrio). Tuttavia, se da un lato si è assistito a una diminuzione delle patologie a carattere gastroenterico nella popolazione generale, dall’altro, patologie associabili all’uso dell’acqua sono state segnalate negli ultimi decenni, soprattutto in acque non controllate al di fuori delle reti. Alcune vengono causate da agenti di zoonosi, patogeni trasmessi dagli animali (criptosporidiosi, microsporidiosi, campilobacteriosi), altre, da opportunisti ambientali (micobatteriosi) anche a carattere respiratorio (legionellosi).Il problema della qualità microbiologica dell’acqua è, d’altra parte, ampiamente e drammaticamente presente, soprattutto come rischio infettivo, in molti paesi in via di sviluppo. In questi, i quattro quinti di tutte le malattie segnalate sono di origine idrica e gli episodi diarroici (associati a colera, tifo, dissenteria bacillare) sono la causa prevalente di morte per le fasce più deboli della popolazione, soprattutto i bambini sotto i cinque anni. Anche epatite A ed E rappresentano infezioni, endemiche in tutto il mondo, che si manifestano dove le condizioni igienico-sanitarie sono carenti.
  • 6. È vero che le acque vengono trattate prima di essere distribuite?  
    • Le acque destinate al consumo umano vengono sottoposte a trattamenti che ne garantiscono la sicurezza e il rispetto degli standard di legge sino al rubinetto del consumatore. I trattamenti variano a seconda della natura delle acque da destinare al consumo e, sostanzialmente, possono prevedere processi chimico-fisici per la rimozione di inquinanti potenzialmente presenti e processi di disinfezione chimica, prevalentemente attraverso l’uso di cloro o ozono, o fisica, generalmente attraverso radiazioni UV.
  • 7. I trattamenti possono causare problemi per la salute?
    • Nel caso specifico del processo di disinfezione è noto che numerose sostanze inorganiche o organiche possono essere originate in seguito alla reazione tra l’agente chimico impiegato per la disinfezione e composti naturalmente presenti nelle acque (sottoprodotti). Tra i sottoprodotti di disinfezione maggiormente studiati figurano i trialometani – comprendenti composti specifici quali cloroformio, bromoformio, dibromodiclorometano, bromodicolorometano – e formati per reazione fra il cloro e la materia organica presente nell’acqua..
  • 8. Cosa succede se dopo un controllo l’acqua non risponde ai requisiti previsti dalla normativa?
    • L’azienda unità sanitaria locale interessata, comunica al gestore la non conformità identificata, ne valuta l’entità in termini di rischio correlato al consumo umano e propone quindi al sindaco l’adozione degli eventuali provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica. La decisione tiene conto in particolare dell’entità del superamento del valore di parametro pertinente e dei potenziali rischi per la salute umana nonché dei rischi che potrebbero derivare da un’interruzione dell’approvvigionamento o da una limitazione di uso delle acque erogate.

Arsenico: concentrazioni massime consentite

Fra le sostanze più pericolose che alterano l’acqua potabile figura l’arsenico, un metalloide presente in natura sia in forma organica che inorganica, legato a manifestazioni geotermiche e in parte proveniente dall’alterazione di rocce vulcaniche. Questo elemento chimico è in grado di contaminare le falde acquifere sotterranee e una volta ingerito, soprattutto se in concentrazioni massicce, può causare gravi disturbi all’essere umano. L’Organizzazione mondiale della Sanità si è occupata per la prima volta del problema nel 1980, stabilendo un limite massimo di concentrazione pari a 50 microgrammi/litro. Un valore che l’attuale direttiva comunitaria 98/83/CE ha ridotto a 10 microgrammi/litro. Per anni l’Italia ha chiesto e ottenuto deroghe (20 microgrammi/litro), che di fatto hanno consentito il consumo di acqua potabile contaminata.
Nel 2013, dopo numerosi pareri medici attestanti la pericolosità dell’arsenico, la tolleranza è terminata e oggi superare la concentrazione di 10 microgrammi/litro è considerato fuorilegge.

Presenza di calcare nell’acqua: fa bene o fa male?

In alcune aree del Paese l’acqua presenta valori di carbonato di calcio – meglio conosciuto come calcare – superiori alla media. Si tratta delle cosiddette “acque dure”, sulla cui bontà esistono opinioni discordanti. In passato si pensava che bere acqua calcarea potesse danneggiare i reni, poi è avanzata la scelta dell’Oms di non fissare valori guida per questo parametro. Di recente, il Ministero della Salute ha osservato “Per il parametro durezza viene indicato un range di valori consigliati e pertanto il mancato rispetto di questi non rappresenta una vera e propria non conformità e dovrà, di volta in volta, essere valutato ai fini dell’emanazione del suddetto giudizio di idoneità (…)

Tubature: occhio alle perdite

Può capitare che, nonostante l’acqua erogata dal gestore sia conforme, il consumatore avverta un gusto sgradevole. La colpa potrebbe essere delle tubature: se sono datate, il rilascio di metalli è inevitabile (se si avverte un forte sapore di metallo, far scorrere l’acqua prima di consumarla). Altro problema è l’eventuale presenza di perdite che potrebbero favorire il proliferare di batteri dannosi alla salute. È bene ricordare che il gestore è responsabile dell’acqua erogata fino al punto di consegna, ossia quello di allaccio allo stabile. Da lì in poi, fino ai rubinetti dei singoli locali, il responsabile diventa l’amministratore.

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